DIDATTICA A DISTANZA: UN FATTO DI CUI NON SI PUÒ NON DISCUTERE

da Apr 13, 2021News

Didattica a Distanza

di Davide Pistarino

Ormai da un anno a questa parte, per via della pandemia, la didattica a distanza è divenuta una realtà per tutti gli studenti di ogni ordine e grado scolastico. L’impatto di questo nuovo strumento di studio imposto dal Coronavirus sta causando da diverso tempo un dibattitto inevitabile sulle criticità e gli effetti di questo metodo che ha stravolto la vita degli studenti italiani e non solo.

Come spesso accade, le maggiori difficoltà le hanno avute gli studenti che hanno bisogno di attenzioni specifiche, in particolar modo gli studenti con una disabilità o difficoltà dell’apprendimento. Per scrivere questo articolo, ho deciso di esaminare una serie di punti di vista differenti di persone che lavorano nelle istituzioni scolastiche, sulla DAD e l’impatto che ha avuto sugli studenti con maggiori difficoltà.

Partiamo da ciò che ci racconta Gabriella, un’insegnante di sostegno che lavora in un istituto tecnico superiore di Torino.

Facciamo una premessa, è sicuramente molto complicato gestire una situazione così complessa come l’emergenza Covid nelle scuole e la DAD è stata ed è un’opportunità per mantenere un contatto con i ragazzi e per favorire il raggiungimento di obiettivi, conoscenze e competenze. Resta tuttavia una modalità asettica e poco fruibile da parte di tutti coloro che manifestano difficoltà, che possono essere legati a problemi tecnici, come limiti di connessione o computer/tablet di vecchia generazione, o alla mancanza di competenze informatiche. E comunque la DAD, in particolare per gli studenti che presentano dei disturbi dell’apprendimento o varie patologie, non può certo sostituire la didattica in presenza, non può rispondere a tutte le richieste, rispettare i tempi e le modalità di apprendimento dei singoli alunni che hanno bisogno di una guida e di un supporto costante da parte dell’insegnante. Ed anche ogni tipo di verifica o valutazione risulta assolutamente falsato e poco utile per programmare e calibrare un valido intervento educativo”.

Il racconto di Gabriella è pieno di spunti interessanti, da un lato si mostrano i benefici che la didattica a distanza può fornire in una situazione come quella che stiamo vivendo, dall’altro lato ci sono dei palesi lati negativi. La riflessione che si può trarre da queste parole è che molto spesso nella società in quale viviamo la tecnologia viene vista spesso come un qualcosa di perfetto che non può fallire, ma non ci si rende conto che non per tutte le persone è facile accedere a questo tipo di strumenti e non solo per questioni puramente economiche. Se già gli studenti senza alcuna problematica hanno molte difficoltà ad affrontare questo strumento, si può solo immaginare quanto sia complicato per uno studente con DSA o per uno studente con una patologia grave che si ritrova all’improvviso privato di un punto di riferimento come il proprio insegnante di sostegno.

Ma in questa vicenda è interessante spaziare tra tutti i diversi gradi scolastici. Prendiamo ad esempio l’intervento del signor Varaldo, che è il preside di una scuola che comprende sia le elementari che le medie.

Problematiche ce ne sono, soprattutto quando si è a distanza, i bambini fanno davvero difficoltà. L’insegnante di sostegno, creando un gruppo per un solo studente o per più studenti riesce a trovare un canale di comunicazione. Adesso, a differenza dell’anno scorso, un paio di giorni a settimana, alle medie, gli studenti vengono in presenza e questo li aiuta ad interagire. Il problema si pone quando l’intera classe finisce in quarantena, che dura una quindicina di giorni.
Quando si è chiuso a marzo c’era una forte impreparazione dei professori che adesso è stata colmata.
Benefici in assoluto non ci sono stati perché i bambini vengono da soli e il clima è surreale, soprattutto per bambini più piccoli e in difficoltà : qualcuno l’anno scorso si è perso anche per questioni economiche, quest’anno questa differenza è diminuita.
Al momento i bambini non sembrano così stressati, il maggiore stress lo vivono le famiglie, per via della situazione”.

In questo caso si rilevano alcuni dettagli molto interessanti, il primo è che la preparazione nell’approcciarsi a questo metodo, è migliorata in confronto alla chiusura dello scorso anno. Secondo dettaglio, che è probabilmente il più fondamentale, è il fatto che molte famiglie non sono riuscite ad accedere alla didattica a distanza per problematiche economiche. Questa è stata una delle difficoltà che più si sono verificate in questo ultimo periodo ed è una cosa molto grave, perché non si garantisce così il diritto allo studio per alcuni studenti, e la cosa ovviamente peggiora la situazione alle famiglie poco abbienti che hanno dei figli con delle difficoltà specifiche.

Ma è anche interessante sentire il parere di persone che lavorano all’interno delle scuole ma che non necessariamente hanno dei ruoli nella gestione dell’istruzione. In questo senso può essere utile avere un parere come quello di Sara, psicoterapeuta e insegnate di sostegno che lavora in una scuola primaria e che ha affrontato in prima persona le problematiche di piccoli studenti con difficoltà che devono approcciarsi alle novità di questo periodo.

La didattica a distanza dello scorso confinamento l’ho vissuta indirettamente, seguendo le lezioni delle mie cugine, e già in quel momento mi è parso un sistema disorganizzato. Ma la necessità di quel periodo ha imposto quella scelta e quindi ci si è adeguati obtorto collo.
In questo anno scolastico, invece, ho avuto la fortuna di lavorare sempre in presenza. A esclusione di due settimane a novembre, in cui la classe è stata posta in isolamento fiduciario. È stata quindi attivata la didattica a distanza integrale. I bambini erano a casa e noi insegnanti eravamo a scuola. Con i nostri PC a fare lezione su Teams ai bambini. In quel momento è parso opportuno un provvedimento di quel genere poiché una bambina era entrata in contatto diretto con un positivo. Ma adesso? Adesso che andiamo verso una didattica a distanza per tutti, sono sinceramente preoccupata per i nostri bambini. Molti di loro non hanno i mezzi per seguire la DAD, e non solo supporti pratici, ma anche la connessione o “banalmente” un posto dove seguire le lezioni.
E ancor peggio per la situazione dei nostri bambini disabili. Molti di loro non hanno l’autonomia d’attenzione necessaria per reggere più di venti minuti di collegamento (se si è fortunati). Molti necessitano di continui richiami e solo ora, a marzo degli insegnanti delle quinte elementari, sono riuscite ad ottenere attenzione dopo un solo richiamo. Lasciarli in didattica a distanza farebbe regredire quelle capacità già acquisite. E al netto delle difficoltà didattiche e di apprendimento, il vero problema è quello relazionale. I piccoli momenti di gioco, le interazioni dei bambini con noi insegnanti, le complicità che abbiamo instaurato durante le lezioni. La didattica a distanza ci farà perdere tanti bambini, che già a fatica tenevamo quando eravamo in presenza.
Le normative chiedono la presenza del solo sostegno a scuola, garantendo il rapporto del bambino con il suo sostegno. Temo che tutto questo rischi di essere controproducente. Perché per quanto i colleghi siano bravissimi e accoglienti, per quanto immagineremo ancora dei momenti di condivisione tutti insieme, il rischio di aumentare il gap e il disagio è alto. Alcuni bambini con varie difficoltà potrebbero chiedersi come mai loro possono andare a scuola e gli altri no. Il tentativo di garantire la continuità e la presenza potrebbe rivelarsi più dannoso che utile”.

Nell’intervento di Sara si può percepire una forte preoccupazione per le ripercussioni che ci potranno essere su molti allievi in futuro. Molti bambini, in particolar modo alle medie, stanno frequentando metà del loro percorso scolastico con didattica a distanza. Se pensiamo ai percorsi scolastici che abbiamo fatto tutti noi questo fatto indubbiamente colpisce. Sicuramente tutto questo non gli aiuta gli studenti con disabilità a interagire in maniera adeguata con i propri compagni.

Veniamo all’intervento di Elena. Elena fa l’insegnante di sostegno in una scuola primaria di Torino.

Premetto che durante il primo lockdown, quello più duro, ero insegnate di classi dove non c’erano alunni con disabilità psichica o fisica ma allievi con DSA e PEI.
L’anno è stato affrontato bene, e la dispersione scolastica nel plesso in cui ho insegnato è stata pari a zero. Come insegnante avevo dato delle ore a disposizione per classi quarte, per rafforzare matematica e grammatica. Nella DAD sono state utili per supportare i ragazzi, ma anche gli studenti con DSA. Non ho perso nessuno, così grazie alle colleghe, ho dato supporto anche alle quinte ed in particolare ho creato due gruppi il primo pomeriggio e due momenti a settimana per due singoli alunni stranieri. Uno dei due bimbi non aveva la possibilità di usare il tablet perché l’unico genitore lavorava di notte e non parlava la nostra lingua, così abbiamo lavorato in coppia attraverso Whatsapp. A me è andata bene perché conoscevo la squadra e la dirigente neoassunta, si è fatta in quattro professionalmente e umanamente.
Adesso insegno alla secondaria di 1° grado, ma le lacune si vedono. Nessuno è stato più lo stesso. I bambini sono resilienti e il loro approccio verso la scuola è cambiato. Che cosa significa? Oggi è il mio compleanno. Prima festeggiavo con i miei compagni ora, spesso ricevo gli auguri, non organizzo nulla e mangio la merenda distanziato dai miei compagni. Stiamo correndo il rischio di diventare tutti delle singole unità e si diventa gruppo solo e scuola quando e come si può. Un metro non è poco fisicamente, ma lo schermo crea un abisso per chi lo possiede e lo può utilizzare. Immaginati se hai bisogno di aiuto e non puoi averlo in modo costante.”

Dagli interventi qui presentati dobbiamo trarre una conclusione. Arrivare ad avere una opinione ben precisa sulla attuale situazione scolastica italiana è molto complesso e lo è anche per via della pandemia. Ma dobbiamo dirlo molto chiaramente, anche se c’è una pandemia, le polemiche sulla didattica a distanza sono inevitabili. Gli interventi che vengono riportati nell’articolo sono un chiarissimo esempio di tutto questo. Il problema maggiore che risalta è che Internet è chiaramente uno strumento non accessibile a tutte le persone e questo è dilemma gigantesco , visto che Internet viene considerato strumento di una cultura democratica. La domanda che mi pongo io è questa: in previsione della seconda ondata di contagi, l’allora governo Conte due, non poteva acquistare dei computer da società come Microsoft o Apple per distribuirli a chi non aveva i soldi per comprarli ? La scuola è il perfetto esempio delle lacune che lo stato italiano aveva già prima del Covid, e le responsabilità ricadono su tutti gli organi che hanno a che fare con la scuola, colpendo soprattutto gli studenti con disabilità, che è innegabile che siano gli studenti più difficili da seguire, soprattutto in questa fase.

La scuola troppo spesso viene lasciata sola ad affrontare problemi molto gravi che esistevano già prima di questa pandemia.

Troppo spesso in questo paese affondiamo i nostri problemi e non ci rendiamo conto che prima o poi i problemi tornano a galla.