E’ davvero una Fase 2?

da Apr 28, 2020News

di Sara Collicelli

Così il 4 maggio inizia la lenta riapertura.

Potremo uscire, pian piano, da questo lungo lockdown iniziato ormai non sappiamo più neanche quanti giorni fa.

Rivedremo i nostri “congiunti”, ma a distanza, senza assembramento e senza possibilità di “party” privati. I congiunti, ma non gli amici. I congiunti, senza capire bene chi sia un congiunto.

Una riapertura lenta, ma dovuta. Il nostro paese ha bisogno di riprendere a respirare, di tornare alla normalità. Questo virus ci ha messi in ginocchio, ha messo in ginocchio la nostra sanità e la nostra economia.

Ma ha smascherato alcune nostre ataviche debolezze.

Ad esempio, leggo le settanta pagine del nuovo DPCM. Si può uscire, anche con i bambini, ma restano chiuse le aree gioco dei parchi. Comprensibile, non so se avete mai provato a tenere i bambini a distanza di un metro. È più facile giocare a shanghai con Hulk.

I bambini non torneranno a scuola prima di settembre. Chi oggi è in quinta elementare a settembre finirà in prima media senza aver salutato i compagni e le maestre. Maestre cui va il nostro grazie per il lavoro che stanno facendo. Le ringraziamo, ma non facciamo niente. Riapriamo i concorsi. Che non si possono fare.

I bambini restano a casa. Ma con chi?Con chi se mamma e papà possono tornare al lavoro? Con i nonni. Ai quali portiamo i bambini. Perché a quello serve poter rivedere i famosi congiunti.

Perché i nonni vanno bene come parcheggio, ma non hanno dignità di vita. Stiamo ancora aspettando che qualcuno ci spieghi cosa diamine è successo nelle RSA.

Li portiamo dai nonni, dicevamo, dove possono stare in casa a guardare la TV. Perché al parco si, ma non per giocare. Solo camminare.

E chi i nonni non li ha? C’è il bonus baby-sitter. Che, se va bene, copre scarsi venti giorni di babysitteraggio. Poi? E poi speri sia finita la pandemia. Come se potesse sparire nel nulla, come un brutto nuvolone nero.

Chi è solo perché non ha parenti? Solo rimane. Perché dagli amici non puoi andare.

Abbiamo cercato gli effetti economici di questo virus. Effetti sotto gli occhi di tutti. Innegabili e ineludibili.

Ma qualcuno agli effetti psicologici dell’isolamento ci sta pensando? Ci ha pensato? Ci penserà? Agli effetti sui bambini, sulle famiglie, sulle donne su cui graverà l’impossibilità di riportare i bambini a scuola. Agli effetti di questo isolamento forzato per chi è già isolato per una malattia, fisica o psichica.

Qualcuno ci ha pensato ai nostri malati psichiatrici? Quelli che iniziavano a fatica percorsi di reinserimento nel tessuto sociale. Di colpo chiusi, bloccati. Impossibilitati a uscire e chissà fino a quando.

Qualcuno ha pensato al dolore che causerà rivedere i congiunti dopo più di due mesi, ma non poterli abbracciare perché devi mantenere comunque il distanziamento sociale?

Ieri sera il premier Conte è intervenuto, raccontando il suo DPCM. Ma se ci ha ben spiegato come funzionerà lo sport e i centri per la cura della persona, ha dimenticato tutta una serie di altri aspetti. Quelli di cui vi parlavo.

La nostra vita si struttura su una linea temporale, che va da quando siamo nati a quando un giorno moriremo. Ci siamo concentrati sulla fascia iper-centrale. Quella dei grandi, quelli con un lavoro e con delle aziende. Ma anche li, non nella sua completezza. Perché non solo abbiamo dimenticato i nostri bambini e i nostri anziani. Abbiamo dimenticato anche chi non potrà riaprire. Chi stava partendo quando il covid ci ha colti. Chi stava già faticando quando il covid è arrivato.

Sono troppe, a mio avviso, le “dimenticanze” di questo provvedimento. Dimenticanze che rischiano di avere ricadute terribili sulla tenuta psicologica degli italiani.

In questo momento le terapie intensive iniziano a respirare, per fortuna. Ma iniziano a essere al collasso i reparti di psichiatria.

Forse questo potrebbe essere un dato (uno dei tanti) su cui riflettere?