Quale futuro per il centro-sinistra dopo l’Umbria?

da Nov 3, 2019News

QUALE FUTURO PER IL CENTRO-SINISTRA DOPO L’UMBRIA?

La vittoria netta e preannunciata in Umbria di un centro-destra sempre più “destra”, sovranista, populista e para-fascista, impone serie riflessioni su quello che dovrà o potrà essere il futuro delle forze politiche di centro-sinistra, riformiste e progressiste, ed in primis del Partito Democratico.

Vittoria preannunciata da una progressiva ed evidente erosione del consenso del centro-sinistra in una regione a lungo considerata “rossa”, ma che nelle ultime tornate elettorali aveva già mostrato una chiara virata a destra tanto che più del 70% della popolazione (percentualmente poca rispetto al corpo elettorale italiano) era già governata dai vincitori di domenica.

L’aver pensato che il semplice voto di appartenenza e anti-salviniano potessero sopperire alla rinuncia ad una vera e propria campagna elettorale di ampio respiro come quella che la destra ha messo in campo con largo anticipo è stato un errore strategico.

Ma allo stesso tempo vittoria agevolata, a nostro parere, da palesi errori strategici. Tra questi prima di tutto l’aver pensato che il semplice voto di appartenenza e anti-salviniano nonché la somma algebrica delle presunte percentuali di gradimento dei singoli partiti a sostegno di Vittorio Bianconi potessero sopperire alla rinuncia ad una vera e propria campagna elettorale di ampio respiro come quella che la destra ha messo in campo con largo anticipo. E questo perché, indipendentemente dall’utilizzo spregiudicato e forse anche illegale dei social networks da parte della Lega e di Fratelli d’Italia, è innegabile che soprattutto Salvini abbia fatto una massiccia ed incessante campagna, anche porta a porta, raggiungendo di persona i centri e le periferie della regione. Campagna elettorale fortemente personalizzata (tanto da dubitare che gli umbri abbiano davvero capito chi hanno eletto a presidente della regione), fatta di sagre enogastronomiche, lancio di cioccolata ai festanti, slogan e messaggi populisti scollegati dalla realtà locale, ma altamente efficace visti i risultati. E lo stesso aveva già fatto nelle precedenti tornate elettorali (Sardegna, Calabria, ….), in un’incalzante avanzata vittoriosa con la quale dovremo fare i conti anche per le prossime strenue difese degli ultimi fortini come in Emilia Romagna e Toscana. Prima o poi sarà necessario che qualcuno cominci a domandarsi come faccia la Lega, con le sue casse disastrate, a finanziare tali dispendiose campagne, ma non è che possiamo pensare di sconfiggere questa destra con le indagini giudiziarie o con le inchieste giornalistiche (abbiamo già visto come quelle recenti di Report non abbiano scalfito il consenso). Dobbiamo attrezzarci ed individuare la strategia più efficace e più coerente con i nostri valori.

Se si fosse ceduto al diktat agostano di Salvini ed alla sua richiesta di pieni poteri, oggi saremmo usciti da elezioni politiche che avrebbero visto la stessa destra vincere a piene mani la maggioranza delle camere e prepararsi a governare indisturbati per cinque anni

Piaccia o non piaccia, maldipancia o meno, tuttavia di un fatto dobbiamo essere sollevati. Se si fosse ceduto al diktat agostano di Salvini ed alla sua richiesta di pieni poteri, oggi saremmo usciti da elezioni politiche che avrebbero visto la stessa destra vincere a piene mani la maggioranza delle camere e prepararsi a governare indisturbati per cinque anni, arrivando a mettere alla massima carica dello stato un presidente che sicuramente avrebbe avuto poco a che vedere con i valori costituzionali ed antifascisti che sino ad adesso hanno caratterizzato i precedenti Presidenti della Repubblica.

Qualcuno potrebbe obiettare che solamente lasciandoli governare potremo liberarci da questa deriva di destra della nostra società. Ma abbiamo già visto di cosa sono capaci pur essendo minoranza in una coalizione di governo, per cui possiamo solamente immaginare con timore le probabili conseguenze in termini economici e sociali di un governo a guida Lega-FI (con Berlusconi come comprimario asservito). Da leggi in materia di diritti ancor più in linea con quelle dei governi di Visegrad agli strappi con l’Unione Europea sino alla nefasta possibile uscita dalla stessa e dall’Euro (prima propagandata, poi smentita, ma pur sempre nei cuori leghisti).

Molti esponenti di rilievo della Direzione Nazionale e della Segreteria hanno visto la nascita di questo governo come il primo passo di un’alleanza strutturale con il Movimento 5 Stelle

Ma è proprio dalle conseguenze dell’alleanza parlamentare che ha portato al governo Conte 2 che nascono, a nostro parere, gli altri errori che hanno condotto alla vittoria della destra e che potrebbero portare non solamente ad ulteriori sconfitte delle forze riformiste e progressiste ma anche ad un possibile fallimento di quel progetto ad alto valore democratico che aveva visto la propria luce con il discorso di Veltroni al Lingotto e con le primarie del 2007. E questo perché mentre buona parte della base del PD ha vissuto con estremo disagio il boccone amaro di un governo (di scopo o di salvaguardia nazionale) assieme a quelli che sino al giorno prima l’avevano ricoperta dei peggiori insulti, molti esponenti di rilievo della Direzione Nazionale e della Segreteria hanno visto la nascita di questo governo come il primo passo di un’alleanza strutturale con il Movimento 5 Stelle tanto da raggiungere un accordo per una coalizione a sostegno di Bianconi, candidato individuato a freddo e troppo tardi, e da presentarsi sul palco (ma in prima fila in platea e sempre ben visibile nelle immagini ufficiali vi era Rocco Casalino e questo dovrebbe far riflettere e non poco) di Narni come immagine e rappresentazione di un nuovo centro-sinistra destinato a gioiosi futuri successi e rivincite nonché raccolto intorno alla figura di uno “statista” come Conte creato a freddo ed a suo tempo nei laboratori di via Visconte di Modrone a Milano.

Da qui anche l’errore di aver rivestito la competizione elettorale umbra di una valenza nazionale, ma soprattutto il disorientamento di tanti nel partito. Soprattutto di quelli che hanno toccato con mano la vera natura di un movimento nato come esperimento di ingegneria sociale ed arrivato al potere, locale e nazionale, totalmente impreparato a governare e che, soprattutto, è riuscito nell’intento o nelle conseguenze di sdoganare la destra sovranista e nostalgica che adesso si alimenta nel consenso anche dello stesso elettorato grillino (e cosa ancor peggiore, di quell’elettorato grillino che proviene dalle fila della sinistra). Disorientamento e timore che prima o poi questa nuova linea programmatica del partito, mai indicata da nessuna mozione congressuale se non radicalmente esclusa dalle stesse, arrivi a cascata anche ai livelli periferici con conseguenze disastrose per il partito.

Perché chi conosce, per esperienza diretta (come a Torino o a Roma) o perché si è sforzato di analizzarlo, il movimento, non può che concludere per una totale inconciliabilità dello stesso con i valori del centro-sinistra e del PD. Il populismo delle soluzioni semplici a problemi complessi, il solletico alla pancia dell’elettore, il giustizialismo becero, il pauperismo mascherato da decrescita felice, l’essere adattabile a qualsiasi interlocutore purché porti al consenso, la scelta politica in base esclusivamente al sondaggio del momento, la visione di una democrazia disintermediata e altamente manipolabile da oscure piattaforme web, l’assoggettamento ad una società di capitale estranea ai meccanismi democratici ne fanno un soggetto incompatibile con un partito come il PD o come gli altri che si riconoscono storicamente tra le forze socialdemocratiche e liberalsocialiste.

La risposta che viene data a tali obiezioni, già sollevate da importanti esponenti PD a livello nazionale (come Orfini) sia a livello locale (e soprattutto torinese, come Carretta o Lo Russo), è quella dell’obbligo ad individuare un partner politico dettato dal sistema elettorale vigente pena la vittoria delle destre, dalla necessità di “recuperare” un leggendario popolo di sinistra deluso dalle presunte politiche liberali e di destra dell’era renziana o, al limite, dalla condivisione delle stesse “pulsioni sociali”.

Ma questa è, a nostro parere di militanti torinesi del PD, una linea strategica destinata a portare sia ad un rischio concreto di declino del partito, fagocitato dalla propaganda a 5 Stelle (e già nella legge di bilancio e nei primi provvedimenti del governo abbiamo percepito un certo asservimento alla linea dettata da Di Maio e Casaleggio), sia ad ulteriori dolorose lacerazioni nel partito e sempre più ampie defezioni di iscritti verso Italia Viva di Renzi.

Perché volenti o nolenti è con la realtà dei nuovi soggetti politici che guardano sia all’area tradizionalmente liberal-socialista sia alla destra moderata che il Partito Democratico dovrà fare i conti in vista delle future tornate elettorali se vorrà a tornare a giocare un ruolo di protagonista a livello nazionale e locale. E non con un movimento che forse in occasione di quelle elezioni avrà perso la propria forza propulsiva e la propria funzione di traghettare l’elettorato verso le destre come sin qui dimostrato dai fatti.

Per cui sarebbe auspicabile che il Partito Democratico tornasse alle origini riformiste e progressiste senza abiurare ai propri valori fondanti e, considerato che la vocazione maggioritaria che si era voluto dare nel 2007 in questa fase storica mal si combina con il sistema politico italiano attuale, cercasse di stabilire un dialogo costruttivo con tutti i possibili partiti che si riconoscono nel progetto riformista ed europeista a partire proprio da Italia Viva e comprendendo +Europa e SiamoEuropei. Senza quindi continuamente alimentare l’odio e l’avversione verso un’ampia fetta dell’elettorato che sino a pochi mesi fa si riconosceva nel PD condividendone il progetto politico originario.